Molti Italiani non sanno cos’è l’obiettivo ONU per lo sviluppo sostenibile che impone di dimezzare lo spreco di cibo entro il 2023. Un obiettivo impossibile per l’Italia che registra circa 6 milioni di persone in povertà alimentare ossia più del 10% della popolazione ( secondo i dati Caritas e Istat).
Si spreca così
tanto cibo nei rifiuti che si potrebbero nutrire
quasi 4 milioni di persone ovvero circa
i due terzi di coloro che vivono in
povertà alimentare.
Il Cross Country Report dell’Osservatorio internazionale Waste Watcher, dedicato allo spreco alimentare nei Paesi del G7, ha fornito dati preoccupanti sugli sprechi alimentari: ” In Italia, lo spreco alimentare domestico ha superato la cifra di 2 milioni di tonnellate, con un incremento del 32,6% negli ultimi due anni.”.
Nel giorno di San Francesco d'Assisi ricordato da Dante Alighieri nella Divina Commedia come "sposo della povertà" almeno per i credenti è necessaria una presa di coscienza che porti ad aiutare i "fratelli in povertà alimentare " con piccole ma costanti donazioni . Sono tante le organizzazioni Cattoliche e laiche , le associazioni, i parroci, gli Istituti religiosi che si occupano di raccogliere cibo e fondi destinati alle famiglie in temporanea difficoltà economica. Questo è il momento per iniziare a donare almeno quello che andrebbe sprecato.
E’ a dir poco scandaloso che di fronte alla povertà alimentare (che è in aumento) in Italia si sprechino tanti pasti. Una situazione che dovrebbe toccare anche le coscienze laiche dei cittadini e dei venali governanti Italiani alla luce del fatto che gran parte del cibo buttato nei rifiuti è stato importato dall’estero con imponente emorragia di denaro in senso centrifugo.
E’ chiaro anche a chi non vede che oltre ad aiutare i fratelli in difficoltà è necessaria l’introduzione dell’educazione alimentare e ambientale nelle scuole facendole diventare parte essenziale della formazione dei futuri cittadini .
Cme siamo messi con sovranità alimentare Italiana?
In Cosa SIAMO QUASI AUTOSUFFICIENTI – I dati statistici evidenziano l’Italia riesce ad assolvere ai propri bisogni per quanto riguarda carni avicole e uova (ma non i mangimi); vino e acque minerali; riso (importa solo il 5%); latte e formaggi (importa il 6%) e ortofrutta trasformata (per la quale compra sui mercati internazionali il 16% dei prodotti per la trasformazione.
IN COSA NON SIAMO AUTOSUFFICIENTI – Discorso diverso per altri prodotti, alcuni veri e propri simboli del Made in Italy. Uno di questi è la pasta (importiamo il 40% dei grani) e l’altro è l'olio d'oliva (il 60% del fabbisogno è coperto con prodotto estero). Ci sono poi le farine (ne importiamo il 45%), i prodotti da forno (28%), le conserve ittiche (95%), le carni preparate e i salumi (40%) e anche l'alimentazione animale (proviene da oltre confine il 65% dei mangimi). Infine, l'Italia è totalmente dipendente dall'estero per il caffè e il cioccolato.
L’Italia non ha l’autosufficienza
nelle produzioni alimentari e nonostante ciò gli Italiani sono capaci
di buttare nei rifiuti tanto cibo già trasformato. Una tendenza che va
invertita con l'intervento fermo dell'Autorità Morale , con una imponente rivoluzione culturale e sociale che porti ad una più concreta fraternità, alla razionalizzazione dei consumi e delle produzioni alimentari per raggiungere una sempre maggiore riduzione
dello spreco di cibo.
Di fronte a questo quadretto poco edificante per le produzioni alimentari emerge che quando si butta il cibo “oltre a fare peccato” si butta nei rifiuti il denaro che in buona parte è stato pagato per importare il cibo dall’estero .