Il compostaggio della porzione umida dei rifiuti è stato raccomandato fin dal 2004 da Fare Verde e finalmente il 10 marzo 2017 entrerà in vigore
il decreto attuativo con i criteri operativi e le procedure
autorizzative per il compostaggio di comunità previsto dall’articolo 38
della legge 221/2015.
Con il Dm 266/2016pubblicato sulla G.U. del 23 febbraio 2017 n. 45 viene colmato un vuoto normativo nel campo delle attività di trattamento dei rifiuti compostabili che non prevedeva il compostaggio di prossimità collettivo. Al legislatore restavano dunque da disciplinare tutte quelle attività che prevedono una gestione collettiva dei rifiuti compostabili, in modo da promuovere il valore partecipativo della pratica e la consapevolezza delle singole utenze, anche agevolandone l’iter procedurale, stante comunque la necessità di individuare un responsabile dell’attività per gli aspetti formali e, da un punto di vista tecnico, un garante del buon funzionamento della procedura.
Il nuovo decreto disciplina le attività di compostaggio di comunità di quantità di rifiuti biodegradabili non superiori a 130 tonnellate annue intraprese da un organismo collettivo formato da due o più utenze domestiche o non domestiche costituite in condominio, associazione, consorzio, società o in qualsiasi altra forma associativa di diritto privato al fine dell'utilizzo del compost prodotto da parte delle utenze conferenti.
Per avviare l'attività, il responsabile dell'organismo deve inviare al Comune una segnalazione certificata di inizio attività con l’elenco e la descrizione delle utenze coinvolte, le informazioni tecniche su tipologia e capacità dell’apparecchiatura utilizzata, nonché il piano di utilizzo del compost prodotto, in termini di quantità e aree di destinazione.
Inoltre, tranne che per le attività di capacità inferiore a 1 tonnellata annua, è necessario individuare un conduttore, che dovrà essere indicato nella SCIA.
Le apparecchiature che potranno essere utilizzate dovranno essere collocate al massimo entro un chilometro di distanza dalle utenze conferenti. Sono classificate a seconda della capacità di trattamento in 3 dimensioni: piccola fino a 10 tonnellate annue; media fino a 60 tonnellate annue e grande fino a 130 tonnellate annue. Possono essere compostiere statiche, in cui l'aerazione avviene in modo naturale, oppure di tipo elettromeccanico. Nel caso di apparacchiature elettromeccaniche le emissioni devono essere trattate mediante biofiltro prima del rilascio in atmosfera. Tuttavia le emissioni delle compostiere sono considerate scarsamente rilevanti agli effetti dell'inquinamento atmosferico e pertanto non è necessaria alcuna autorizzazione . Comunque c'è l'alternativa: l'aria estratta dalle compostiere elettromeccaniche può essere collegata alla rete fognaria e allontanata mediante ventilazione forzata, prevedendo un sifone per evitare il ritorno di odori.
I rifiuti ammissibili nelle apparecchiature destinate al compostaggio di comunità sono indicati nell’Allegato 3 del decreto: si tratta di rifiuti urbani compostabili provenienti da mense e cucine o da giardini e parchi, di segatura, trucioli, scarti provenienti dalla lavorazione del legno. Gli imballaggi in legno e carta sono ammessi solo nelle quantità necessarie come strutturanti, senza superare il 20% del totale dei rifiuti immessi nell’apparecchiatura.
Fatta eccezione per le compostiere più piccole che lavorano meno di 1 tonn/anno ogni apparecchiatura avrà un conduttore chiamato a ricoprire il ruolo di garante del corretto esercizio dell’apparecchiatura. Il conduttore, oltre a controllare l'accesso all’apparecchiatura, dovrà provvedere al bilanciamento tra rifiuti organici e strutturante, alla gestione dell’eventuale biofiltro, alla verifica delle caratteristiche del compost prodotto, nonché alla sua distribuzione alle utenze conferenti in base al piano di utilizzo.
Per quanto riguarda il compost prodotto che sarà conforme alle caratteristiche indicate nel decreto per umidità, temperatura e pH non può essere destinato alla vendita, ma deve essere impiegato, secondo il piano di utilizzo,
in terreni a disposizione delle utenze conferenti anche se non localizzati in prossimità dell'apparecchiatura, ovvero per la concimazione di piante e fiori delle medesime utenze. Il compost può essere utilizzato anche su suoli agricoli destinati alla produzione di prodotti per uso umano o animale, ma in tal caso sarà conforme alle caratteristiche dell'ammendante compostato misto o dell'ammendante compostato verde, ai sensi del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, in materia di fertilizzanti. L'utilizzo del compost per uso agricolo non è previsto per le apparecchiature di capacità inferiore a 1 tonnellata annua.
Pur trattandosi di una pratica di riduzione dei rifiuti urbani il compostaggio di prossimità è comunque conteggiato per il raggiungimento dell'obiettivo di riciclaggio del 50 % previsto dalla normativa comunitaria. Per questo motivo e anche ai fini della riduzione della tassa rifiuti, il responsabile dell'apparecchiatura ha l’obbligo di comunicare annualmente al Comune territorialmente competente le quantità dei rifiuti conferiti, degli scarti, del compost prodotto e di quello fuori specifica. A questo scopo per le apparecchiature di taglia media e grande, il conduttore tiene un apposito registro, anche elettronico, di tali dati. Per le apparecchiature di taglia piccola, invece, è sufficiente una stima ottenuta moltiplicando il numero dei componenti delle utenze conferenti per la quota media di rifiuto organico presente nel rifiuto urbano che, in assenza di dati puntuali delle amministrazioni locali, è considerato pari a 120 kg/abitante anno.
Fare Verde esprime quindi le sue considerazioni sul nuovo Decreto che disciplina il compostaggio di prossimità: Di fatto la frazione organica rappresenta in media il 35% del totale dei rifiuti prodotti in Italia da utenze domestiche e assimilate, costituendo la prima componente in peso dei rifiuti. La sua gestione comporta impegni gravosi in quanto, a causa della rapida decomposizione, è necessario raccoglierla più spesso e conferirla velocemente agli impianti di lavorazione e di compostaggio con ingenti costi di personale, mezzi ecarburante con conseguente aumento delle emissioni inquinanti. Proprio per questi motivi la diffusione di pratiche di compostaggio di comunità potrebbero essere più sostenibili e più vantaggiose per la gestione dei rifiuti e quindi per le casse comunali.
Al di là della enorme riduzione dei costi per i Comuni per la raccolta e il trattamento di tale frazione, la pratica del compostaggio di comunità, come pure dell’autocompostaggio, diventano un metodo per una chiara educazione ambientale collettiva. Il rifiuto organico è infatti l’unico tipo di rifiuto che può avvalersi di una completa “filiera di prossimità”: dalla raccolta alla gestione fino al riutilizzo del compost prodotto.
Per questo è auspicabile che le attività di compostaggio di prossimità vengano sostenute dagli enti locali, attraverso azioni di promozione e incentivazione per cui vale sempre la proposta di decurtare dalle bollette dei rifiuti la somma relativa alla porzione umida dei rifiuti differenziati perchè non conferita.
Con il Dm 266/2016pubblicato sulla G.U. del 23 febbraio 2017 n. 45 viene colmato un vuoto normativo nel campo delle attività di trattamento dei rifiuti compostabili che non prevedeva il compostaggio di prossimità collettivo. Al legislatore restavano dunque da disciplinare tutte quelle attività che prevedono una gestione collettiva dei rifiuti compostabili, in modo da promuovere il valore partecipativo della pratica e la consapevolezza delle singole utenze, anche agevolandone l’iter procedurale, stante comunque la necessità di individuare un responsabile dell’attività per gli aspetti formali e, da un punto di vista tecnico, un garante del buon funzionamento della procedura.
Il nuovo decreto disciplina le attività di compostaggio di comunità di quantità di rifiuti biodegradabili non superiori a 130 tonnellate annue intraprese da un organismo collettivo formato da due o più utenze domestiche o non domestiche costituite in condominio, associazione, consorzio, società o in qualsiasi altra forma associativa di diritto privato al fine dell'utilizzo del compost prodotto da parte delle utenze conferenti.
Per avviare l'attività, il responsabile dell'organismo deve inviare al Comune una segnalazione certificata di inizio attività con l’elenco e la descrizione delle utenze coinvolte, le informazioni tecniche su tipologia e capacità dell’apparecchiatura utilizzata, nonché il piano di utilizzo del compost prodotto, in termini di quantità e aree di destinazione.
Inoltre, tranne che per le attività di capacità inferiore a 1 tonnellata annua, è necessario individuare un conduttore, che dovrà essere indicato nella SCIA.
Le apparecchiature che potranno essere utilizzate dovranno essere collocate al massimo entro un chilometro di distanza dalle utenze conferenti. Sono classificate a seconda della capacità di trattamento in 3 dimensioni: piccola fino a 10 tonnellate annue; media fino a 60 tonnellate annue e grande fino a 130 tonnellate annue. Possono essere compostiere statiche, in cui l'aerazione avviene in modo naturale, oppure di tipo elettromeccanico. Nel caso di apparacchiature elettromeccaniche le emissioni devono essere trattate mediante biofiltro prima del rilascio in atmosfera. Tuttavia le emissioni delle compostiere sono considerate scarsamente rilevanti agli effetti dell'inquinamento atmosferico e pertanto non è necessaria alcuna autorizzazione . Comunque c'è l'alternativa: l'aria estratta dalle compostiere elettromeccaniche può essere collegata alla rete fognaria e allontanata mediante ventilazione forzata, prevedendo un sifone per evitare il ritorno di odori.
I rifiuti ammissibili nelle apparecchiature destinate al compostaggio di comunità sono indicati nell’Allegato 3 del decreto: si tratta di rifiuti urbani compostabili provenienti da mense e cucine o da giardini e parchi, di segatura, trucioli, scarti provenienti dalla lavorazione del legno. Gli imballaggi in legno e carta sono ammessi solo nelle quantità necessarie come strutturanti, senza superare il 20% del totale dei rifiuti immessi nell’apparecchiatura.
Fatta eccezione per le compostiere più piccole che lavorano meno di 1 tonn/anno ogni apparecchiatura avrà un conduttore chiamato a ricoprire il ruolo di garante del corretto esercizio dell’apparecchiatura. Il conduttore, oltre a controllare l'accesso all’apparecchiatura, dovrà provvedere al bilanciamento tra rifiuti organici e strutturante, alla gestione dell’eventuale biofiltro, alla verifica delle caratteristiche del compost prodotto, nonché alla sua distribuzione alle utenze conferenti in base al piano di utilizzo.
Per quanto riguarda il compost prodotto che sarà conforme alle caratteristiche indicate nel decreto per umidità, temperatura e pH non può essere destinato alla vendita, ma deve essere impiegato, secondo il piano di utilizzo,
in terreni a disposizione delle utenze conferenti anche se non localizzati in prossimità dell'apparecchiatura, ovvero per la concimazione di piante e fiori delle medesime utenze. Il compost può essere utilizzato anche su suoli agricoli destinati alla produzione di prodotti per uso umano o animale, ma in tal caso sarà conforme alle caratteristiche dell'ammendante compostato misto o dell'ammendante compostato verde, ai sensi del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, in materia di fertilizzanti. L'utilizzo del compost per uso agricolo non è previsto per le apparecchiature di capacità inferiore a 1 tonnellata annua.
Pur trattandosi di una pratica di riduzione dei rifiuti urbani il compostaggio di prossimità è comunque conteggiato per il raggiungimento dell'obiettivo di riciclaggio del 50 % previsto dalla normativa comunitaria. Per questo motivo e anche ai fini della riduzione della tassa rifiuti, il responsabile dell'apparecchiatura ha l’obbligo di comunicare annualmente al Comune territorialmente competente le quantità dei rifiuti conferiti, degli scarti, del compost prodotto e di quello fuori specifica. A questo scopo per le apparecchiature di taglia media e grande, il conduttore tiene un apposito registro, anche elettronico, di tali dati. Per le apparecchiature di taglia piccola, invece, è sufficiente una stima ottenuta moltiplicando il numero dei componenti delle utenze conferenti per la quota media di rifiuto organico presente nel rifiuto urbano che, in assenza di dati puntuali delle amministrazioni locali, è considerato pari a 120 kg/abitante anno.
Fare Verde esprime quindi le sue considerazioni sul nuovo Decreto che disciplina il compostaggio di prossimità: Di fatto la frazione organica rappresenta in media il 35% del totale dei rifiuti prodotti in Italia da utenze domestiche e assimilate, costituendo la prima componente in peso dei rifiuti. La sua gestione comporta impegni gravosi in quanto, a causa della rapida decomposizione, è necessario raccoglierla più spesso e conferirla velocemente agli impianti di lavorazione e di compostaggio con ingenti costi di personale, mezzi ecarburante con conseguente aumento delle emissioni inquinanti. Proprio per questi motivi la diffusione di pratiche di compostaggio di comunità potrebbero essere più sostenibili e più vantaggiose per la gestione dei rifiuti e quindi per le casse comunali.
Al di là della enorme riduzione dei costi per i Comuni per la raccolta e il trattamento di tale frazione, la pratica del compostaggio di comunità, come pure dell’autocompostaggio, diventano un metodo per una chiara educazione ambientale collettiva. Il rifiuto organico è infatti l’unico tipo di rifiuto che può avvalersi di una completa “filiera di prossimità”: dalla raccolta alla gestione fino al riutilizzo del compost prodotto.
Per questo è auspicabile che le attività di compostaggio di prossimità vengano sostenute dagli enti locali, attraverso azioni di promozione e incentivazione per cui vale sempre la proposta di decurtare dalle bollette dei rifiuti la somma relativa alla porzione umida dei rifiuti differenziati perchè non conferita.