La tecnica del cippato di ramaglie fresche
La tecnica del cippato di ramaglie per coltivare senza chimica, acqua e con lavorazioni ridotte al minimo.
Una tecnica sconosciuta a Monte San Giovanni Campano perchè la società da agricola è stata trasformata in operaia dalle industrie che vennero in Ciociaria. Ora le industrie sono andate via ed hanno lasciato il vuoto occupazionale ma anche un ritorno alle campagne di nuovi agricoltori che di agricoltura ne sanno pochissimo o hanno dimenticato come farla.
Il cippato
usato in pacciamatura oppure incorporato nel suolo, favorisce e, se
necessario, ricrea l’attività biologica del suolo (funghi, microflora,
microrganismi animali). Induce l’idea di un approccio vivente
dell’agricoltura.
E inoltre:
- Migliora la struttura e la granulometria dei suoli, ma anche il potere di ritenzione idrica.
- Consente di accumulare i nutrienti necessari alle piante e di renderli disponibili fino aquando esse ne avranno bisogno.
- Risponde concretamente e in modo naturale al vicolo cieco in cui si trova oggi l’agricoltura convenzionale che utilizza le sostanze chimiche come nutrienti per le piante
- Permette di convertire gli scarti vegetali, spesso trattati a mo’ di
rifiuti o bruciati, in materiale nobile ad elevato potenziale di valorizzazione. È
una delle vie più promettenti per assicurare ai produttori agricoli una
maggiore indipendenza economica.
I limiti del cippato:
- La gestione degli stock di materia prima. Il prelievo di ramaglie da
cippare deve essere svolto con criteri di economia sostenibile: ogni area dovrà essere capace di soddisfare il proprio
bisogno. Ciò comporta una oculata gestione di tutti gli scarti di potature per trasformare lo scarto in risorsa da destinare agli orti che avranno un bisogno di irrigazione irrisorio.
A Monte San Giovanni Campano vengono osannate le tradizioni e per tradizione si bruciano le ramaglie della potatura trasformando in fumo e cenere una risorsa. Orbene se tradizione deve essere che ci sia anche quella dell'asino che era l'unico mezzo di trasporto e di lavoro e quindi se vale il principio della tradizione che ci sia un asino nel cofano di ogni macchina. Scherzi a parte la pratica di bruciare le ramaglie, in
particolare, è poco appropriata e inutilmente
pericolosa: questi scarti valgono molto di più se sottoposti alla “lenta
combustione” del compostaggio, e possono essere impiegati in vari modi.
Il cippato a uso agricolo, a differenza del compost, non è un concime
per le piante ma per il suolo: si presenta come rami e rametti
sminuzzati freschi prodotti
con apposite macchine (cippatrici o biotrituratori), Questo materiale, incorporato
al terreno, apporta sostanze organiche e favorisce la formazione di un
humus molto stabile, che migliora la struttura del suolo e la sua
capacità di trattenere acqua e di quì la necessità di irrigare l'orto ogni 50/60 giorni.
Tale miglioramento avviene più o meno rapidamente in base alle
condizioni di partenza, da qualche mese a due anni, e senza arature né
aerazioni preliminari. Il cippato trasforma il suolo intensificando
l’attività di tutti gli organismi che lo abitano, a partire dai funghi
che digeriscono la lignina: questi funghi (quei filamenti bianchi che
appaiono sul legno morto) possono secernere degli antibiotici che
limitano la popolazione batterica, rendono la cellulosa accessibile ai
microrganismi, nutrono con i loro miceli dei microartropodi le cui feci
nutrono altri organismi, e così via. Tutto questo è visibile e
palpabile, il terreno diventa infatti più scuro e morbido, e resta umido
molto più a lungo dopo la pioggia.
Anche la stagione in cui viene applicato il cippato influisce sulla
rapidità del cambiamento: in inverno il viene aggiunto al terreno
ripulito e lavorato superficialmente, in primavera-estate viene cosparso
sul terreno non lavorato come una pacciamatura. Quantità indicative di
materiale: tre metri cubi per cento metri quadri o tre centimetri di
spessore. Nei primi mesi è opportuno coltivare leguminose o altre piante
che non necessitano azoto, perché l’azoto presente nel terreno diventa
meno disponibile, poi si può coltivare qualunque pianta purché senza
arare (il legno deve restare in superficie). Il trattamento si può
ripetere dopo due anni, dimezzando la quantità, o secondo il bisogno,
osservando quanto legno è rimasto.
La tecnica del cippato appare molto adatta per i terreni poveri,
pietrosi, difficili da raggiungere, ma perché non fertilizzare in questo
modo anche i giardini di città, le aiuole circondate dal cemento, gli
orti urbani e gli uliveti senza usare le sostanze chimiche? La risposta ai coltivatori che spero approfondiranno questo suggerimento dato con tanta umiltà.