lunedì 8 maggio 2017

Ambiente - La riforma dei Parchi riduce la tutela del Patrimonio Naturale del Paese

Fare Verde Provincia di Frosinone ha stilato l’elenco di 10 punti essenziali che evidenziano un panorama generale di disattenzione rispetto ai bisogni veri delle aree protette. Il  progetto di legge, nefasto per la Natura, è passato in Senato contro il parere di tutte le associazioni ambientaliste italiane. In buona sostanza   vogliono  ridurre la tutela del patrimonio naturale del Paese eliminando di fatto l’indipendenza dei parchi nazionali e il loro ruolo di barriera contro gli interessi delle lobbies con la politica che fa orecchie da mercante o meglio si accanisce contro il territorio permettendo ulteriore consumo del suolo.
Si rappresentano quindi 10 fra le peggiori misure e/o omissioni della cosiddetta “riforma” della legge 394/91 (il p.d.l. 4144 della Camera dei Deputati, detto Caleo dal nome del suo relatore al Senato):
1) Per la nomina del Presidente del Parco o di un’Area Protetta non si chiede più alcun titolo concernente la conservazione della Natura ma solo una generica “esperienza nelle istituzioni, nelle professioni, ovvero di indirizzo o di gestione in strutture pubbliche e private”. Un modo come un altro per dire che saranno privilegiati i titolari di carriere politiche.
2) Il Direttore, figura centrale della gestione, non sarà più scelto in base alle competenze naturalistiche e culturali, ma secondo una non meglio precisata “esperienza professionale di tipo gestionale”; e non sarà più nominato dal Ministro dell’Ambiente in un elenco di esperti ma dal locale Consiglio direttivo, di fatto dal Presidente del Parco che sceglierebbe il Direttore nei vari cerchi magici che si creeranno.
3) Gli agricoltori entrerebbero a far parte dei consigli direttivi ma verranno esclusi gli oltre 100 altri soggetti economici presenti nei Parchi.
4) Le attività economiche presenti nei Parchi con impatto sull’ambiente, come gli impianti di estrazione di idrocarburi o di captazione delle acque, pagherebbero royalties, decretando in tal modo la fine dell’indipendenza dei parchi stessi.
5) All’interno dei Consigli direttivi le componenti scientifica e conservazionista diminuirebbero ulteriormente a favore dei portatori di interessi locali .
6) Tra le omissioni più gravi: nulla si dice circa il necessario potenziamento della sorveglianza, totalmente insufficiente all’interno delle aree protette;
7) E ancora nulla dice il Progetto di Legge sul problema delle dotazioni organiche, letteralmente ridicole in almeno 19 parchi nazionali sui 23 esistenti .
8) Fumosa ed evanescente la trattazione del tema attività venatoria: modificando la legge nelle cosiddette “aree contigue” ai parchi (l’art. 32 della storica legge 394/91: uno dei tanti articoli volutamente inapplicati) la caccia sarebbe permessa anche a cacciatori provenienti dall’esterno senza definire in alcun modo il “carico venatorio massimo” (unico criterio realistico di moderazione di impatto). Mentre la gestione faunistica – confusa con il controllo della fauna – viene affrontata in un modo del tutto superficiale e irrealistico.
9) Risulta poi strana la situazione del Parco Nazionale del Delta del Po, che è la più importante area umida del Mediterraneo e a tal prposito si cita: “ il mancato raggiungimento dell’intesa tra Regioni precluderebbe l’adozione di un decreto sostitutivo del Governo”.
10) Del tutto aggirato e disatteso il principio (presente nella 394/91) della completa omologazione delle aree marine protette ai parchi nazionali, lasciandole invece in una situazione di indeterminatezza e in balia di improbabili consorzi di enti locali con “briciole” spacciati per “fondi”.
Fare Verde si augura quindi che al più presto il buonsenso prevalga sulla irragionevolezza e si arrivi a
– Sospendere pro-tempore e con assoluta urgenza la discussione in Parlamento dell’attuale progetto di riforma;
– Indire immediatamente la 3^ Conferenza nazionale sulle aree protette (che manca da 15 anni) prevedendo la partecipazione attiva di tutte le componenti dei Parchi;
– Prevedere una rilevazione dei bisogni e delle condizioni, almeno in tutti i parchi nazionali italiani e almeno in un rappresentativo campione delle diverse aree protette regionali, da parte delle Commissioni Ambiente di Camera e Senato.
– Tornare a una non frettolosa audizione nelle Commissioni di tutte le componenti titolari di esperienze utili nella gestione delle aree protette;
– Una revisione profondissima del testo attuale del progetto di legge alla luce dei risultati di quanto esposto.


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